I prezzi dei trasporti marittimi relativi alla tratta Cina-Europa hanno subito negli ultimi mesi un’impennata senza precedenti. Considerando nello specifico la rotta Cina- Mediterraneo, si è passati da circa 2 mila dollari a container di Giugno 2020 agli oltre 11 mila attuali. L’andamento delle tariffe è rappresentato nel grafico sottostante [1], che mostra come il Freightos Baltic Index – un indice che sintetizza il costo di trasporto dei container di 40 piedi (12 metri) – relativo alla rotta Cina-Mediterraneo, sarebbe più che quintuplicato in solo un anno di tempo.

freightos baltex index china -mediterranean

Freightos Baltic Index per la rotta Cina-Mediterraneo aggiornata al 18/06/2021

Ad una prima valutazione, la motivazione principale di tale incremento sembrerebbe da ricercare nella pandemia globale e nei suoi effetti sulle scelte di consumo. In particolare, durante il secondo lockdown europeo, la domanda di beni di importazione è cresciuta vertiginosamente: da un lato, spinta dall’incremento della richiesta di dispositivi medici; dall’altro, dal cambiamento delle scelte di consumo dei cittadini europei, che, complici le chiusure, hanno riallocato le loro preferenze di consumo dai servizi alle merci, acquistando sempre più beni durevoli, come le apparecchiature elettroniche, al fine di rendere maggiormente ospitali le proprie abitazioni. Essendo la Cina un grande produttore di entrambe le categorie di beni, la pressione sui trasporti marittimi sulla tratta Oriente-Occidente è cresciuta notevolmente, provocando un fisiologico incremento dei prezzi dei noli. Inoltre, la ripresa economica ha spinto le aziende a fare incetta di materie prime, semilavorati e prodotti finiti per riempire i magazzini e prevenire nuovi blocchi e chiusure, provocando un’espansione smisurata della domanda di trasporto marittimo.

Tale analisi, però, rischia di fornirci una rappresentazione parziale di quanto avvenuto. Per completare il quadro degli eventi, occorre fare un passo indietro.

Nel primo semestre del 2020, a seguito dell’esplosione della pandemia, si era assistito ad una brusca frenata del commercio internazionale. Secondo un’analisi di John McCow – fondatore di Blue Alpha Capital, fondo di investimento statunitense – i vettori hanno reagito adottando la pratica del blank sailing, che consiste nella riduzione artificiosa dell’offerta attraverso la dismissione di navi e la cancellazione di partenze.  “I vettori hanno ridotto la capacità delle navi con un gran numero di blank sailings proprio all’inizio della pandemia. Quando la diffusione della pandemia è stata evidente a tutti, gli operatori hanno intrapreso un’azione immediata e aggressiva per ridurre la capacità delle navi, sopprimendo le partenze”, spiega McCow.  L’obiettivo delle compagnie di trasporto era quello di ridurre i costi fissi e di limitare la discesa dei prezzi dei noli dovuta alla contrazione della domanda durante la prima ondata della pandemia. Tra le cause della dismissione delle navi, anche il nuovo regolamento approvato dall’Organizzazione marittima internazionale che ha imposto la regole più stringenti in termini di emissioni inquinanti. Questo ha comportato la rottamazione di parte delle navi e la riconversione di altre.

L’improvviso aumento della domanda del secondo semestre del 2020, come evidenziato da uno studio di Confindustria del marzo 2021, unita alla ridotta disponibilità di container e di posti nave, hanno provocato, dunque, una importante congestione dei porti e una conseguente esplosione dei prezzi dei noli. Per fronteggiare la carenza, la Cina ha avviato una massiccia produzione di container, ma l’offerta risulta ancora insufficiente a coprire la domanda.

Da febbraio ad aprile la crescita ha subito un timido rallentamento (+4% nell’ultima settimana di aprile per la tratta Shanghai-Genova), per poi ricominciare una brusca risalita, che non sappiamo se avrà mai una fine.
Le previsioni più pessimistiche, tra le quali quella dell’Agenzia di Ricerca Drewry [2], ipotizzano, addirittura, che i costi non caleranno prima del 2023, quando saranno pienamente operative le nuove navi ordinate dalle compagnie di trasporto negli ultimi mesi per far fronte all’impennata della domanda. Secondo il già citato studio di Confindustria, il prezzo dei noli, complice anche la decisa risalita del costo dei carburanti trainata dalla ripresa del prezzo del petrolio, non è destinato a tornare ai livelli pre-pandemia a breve.

L’aumento dei prezzi, dunque, sembra il risultato sia di cause esogene, sia di comportamenti da parte delle compagnie di trasporto volti a distorcere arbitrariamente il mercato. D’altronde, la struttura del settore dei trasporti marittimi presta il fianco a comportamenti di questo tipo. Il settore, infatti, sconta una evidente concentrazione dell’offerta, con 10 grandi compagnie, detentrici dell’80% della flotta mercantile mondiale, che sostanzialmente controllano l’intero mercato. Non solo, grazie alla Consortia Block Exemption Regulations (CBER), una speciale deroga alla disciplina antitrust comunitaria concessa dalla Commissione europea ai trasportatori marittimi nel 1992 e prorogata lo scorso anno fino al 2024, i colossi del mare hanno potuto legittimamente riunirsi in tre grandi consorzi – 2M, Ocean Alliance e The Alliance – capaci di esercitare un potere immenso su tutta la filiera. Una deroga che, seppur concepita per uno scopo ben preciso, ossia quello di accrescere l’efficienza delle operazioni di trasporto, dà ormai l’impressione di favorire gli accordi distorsivi del mercato e del gioco della concorrenza tra le grandi compagnie di trasporto. In sostanza, dunque, il mercato della navigazione è pacificamente configurabile come un oligopolio. Un oligopolio legittimato da disposizioni ad hoc, per giunta.

Secondo Confindustria, “l’attuale situazione potrebbe essere parzialmente migliorata da una maggiore collaborazione tra tutti gli attori coinvolti: produzione, spedizione e soprattutto trasporto marittimo. Ma gli attuali rapporti di forza non sembrano favorire soluzioni di questo tipo”. Gli importatori e gli esportatori, infatti, sono tanti, piccoli, disaggregati e privi di un organismo di coordinamento, condizione che li rende incapaci di arginare lo strapotere delle compagnie di trasporto. Il progetto KosmoKronos nasce proprio con lo scopo di aggregare le aziende italiane importatrici ed esportatrici, al fine di accrescerne il potere contrattuale nei confronti dei giganti della filiera dei trasporti e di esercitare un’influenza sui decisori politici, che sembrano non avere alcuna intenzione di farsi carico del problema nelle istituzioni preposte e di fronte all’opinione pubblica.

L’aumento vertiginoso del prezzo dei noli e la crescita dei prezzi di tutte le principali materie prime, per via sia di squilibri domanda-offerta che di pressioni speculative, rischiano di danneggiare seriamente il tessuto produttivo italiano tanto nel breve quanto nel medio-lungo termine e di provocare un generalizzato aumento dei prezzi al consumo. Tutto questo mentre le compagnie di trasporto marittimo registrano profitti record, con un utile complessivo di ben 9 miliardi di dollari nel solo quarto trimestre del 2020.

Per questo, appare indispensabile agire proattivamente facendoci promotori di una spinta dal basso, perché sarebbe deleterio continuare a confidare passivamente nella clemenza del mercato e nell’interessamento spontaneo delle forze politiche.

 

Fonti:

[1] https://fbx.freightos.com/freight-index/FBX13

[2] https://www.shippingitaly.it/2021/04/19/noli-container-su-livelli-elevati-fino-al-2023-secondo-drewry/

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