Il colosso svedese dell’arredamento inizia ad acquistare container per spedire i propri prodotti e arginare i blocchi della supply chain. Nel frattempo cresce il mercato nero dei container, ma bisogna tenere d’occhio la variabile Amazon.
Continuano i problemi relativi alla supply chain: la congestione dei porti, il ritardo nelle spedizioni e l’eccessivo aumento dei noli marittimi – secondo l’ultimo rapporto di Drewry si registra un ulteriore aumento settimanale nella tratta Shanghai – Genova, passata da 13.473 dollari a 13.464 – stanno presentando non poche difficoltà alle aziende italiane e internazionali, che si vedono costrette ad attuare diversi sistemi per arginare la problematica. Dopo Walmart, Home Depot e Dollar Tree, anche il colosso svedese Ikea – leader nel settore dell’arredamento – ha deciso di iniziare a noleggiare navi e comprare spazi container per superare gli ingorghi portuali e i ritardi nelle consegne. A causa delle limitazioni del trasporto marittimo – iniziate per necessità a causa del covid e proseguite anche a causa di una certa speculazione – Ikea, cosi come molte altre aziende, non riesce più a garantirsi una disponibilità adeguata di attrezzature per trasportare i suoi articoli nei negozi via mare.
Oltre a porre l’accento sui ritardi dovuti alla congestione portuale e a incidenti come quello capitato con la Ever Given, i leader di Ikea hanno affrontato anche il discorso della carenza di materie prime, che stanno inevitabilmente portando all’insufficienza di articoli nei loro negozi.
Tuttavia nemmeno il noleggio o l’acquisizione di propri container potrebbe risolvere il problema per le aziende: come ha spiegato infatti Dollar Tree, nonostante lavori con contratti a lungo termine, si aspetta che i suoi vettori di linea “adempiano solo al 60-65% dei loro impegni”. Una delle navi noleggiate, ad esempio, è stata bloccata per due mesi a causa della presenza di un positivo mentre sulla questione è intervenuto anche Mike Witynksi, presidente della compagnia:
“Con l’attuale pressione sui vettori, una volta che si verificano interruzioni nella catena di approvvigionamento, non c’è abbastanza capacità per rimediare”
Il caso di Amazon
Tuttavia a sorprendere è il caso di Amazon, società di commercio elettronico fondata da Jeff Bezos nel lontano 1994. Il colosso delle vendite ha ottenuto, già nel 2016, la licenza di trasportatore marino: ad oggi i piani di Amazon, secondo quanto rivelato da degli insiders a The Loadstar, sarebbero quelli di investire miliardi di dollari nella propria flotta di container, in maniera tale da controllare tutte le catene di approvvigionamento. Sempre secondo la fonte, quello che Amzon cerca di fare è “Consolidare il mercato dell’acquirente del trasporto merci in uno solo: amazon, realizzando così il primo vero oligopolio al dettaglio del mondo”.
Il mercato nero dei container
Con le difficoltà legate alla supply chain e agli approvvigionamenti, oltre che alla consegna di container, si fa largo un nuovo fenomeno: quello del mercato nero. Sono tante le segnalazioni di un extra costo che gli importatori sono costretti a pagare ai propri agenti cinesi, destinati ad un vero e proprio bagarino che si sarebbe fatto carico di reperire i container e lo spazio per imbarcare. Si tratta ovviamente di un’azione non ufficiale e tutt’altro che legale: come denunciano vari operatori del settore, con le difficoltà introdotte dal Covid e dalla speculazione in atto, è sempre più difficile assicurarsi spazi container e spesso, quando lo si fa, si è costretti a pagare sovrapprezzi di questo tipo.